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To be Apple or not to be

Riprendo anche io la lettera di Gilioli all’amministratore delegato di Apple Italia Enzo Biagini che condivido e sottoscrivo:

Voglio pensare, e sperare, che Lei non fosse al corrente di quel che hanno fatto i suoi manager torinesi. In questo caso, La prego di farcelo sapere e di prendere le decisioni conseguenti: lo sa anche Lei, si fa miglior figura ad ammettere un errore che a insistere per mostrare al mondo quanto si è onnipotenti.
Sa, uno dei licenziati ha detto: «Sono entrato alla Apple perché quella è la mia passione. Una specie di mito». Beh, vale per molti, e non solo dipendenti Apple: anche e soprattutto suoi clienti.
Veda un po’ Lei che parte vuole avere nel mantenimento o nella distruzione non dico del mito, ma più semplicemente dell’immagine – della faccia – dell’azienda di cui Lei è a capo.

Anche io sto scrivendo su un Apple, ho un iPhone e un iPad. Però sono anche pessimista in merito al savoir-faire di Apple. Fanno dei bei prodotti, sono sicuramente meglio di quelli della concorrenza sotto molti punti di vista. Però, oltre ad eccellenza e innovazione, gli aggettivi che mi vengono in mente quando penso ad Apple sono stronzaggine, arroganza e mania di controllo.