Con questo post inizia la mia personale esplorazione del modello del customer development, che fornisce un metodo utile a costruire una startup partendo dall’idea e procedendo per passi fino alla creazione dell’azienda. Ho pianificato la pubblicazione di sedici articoli che mi serviranno a illustrare il metodo e ad applicarlo a un’idea concreta. Non ho l’ambizione di insegnare niente a nessuno se non a me stesso: più semplicemente metto a disposizione quello che sto imparando e inventando con l’obiettivo di approfondire gli argomenti e discuterli.
Il modello del customer development formalizzato da Steve Blank in The Four Steps to the Epiphany parte dalla considerazione che le pratiche di management che vengono usate dalle grandi aziende per ideare e lanciare nuovi prodotti (il product management) non sono applicabili a una startup.
Fare una startup, infatti, non significa sviluppare un nuovo prodotto, ma sviluppare un mercato per questo prodotto e trovare i clienti, partendo da quelli che per inclinazione sono portati a sperimentare le novità per primi (gli early adopter).
Il customer development è il processo che aiuta l’imprenditore a orientarsi nel percorso lungo il quale scopre e impara a conoscere i clienti della sua azienda e il mercato in cui si muovono. Lungo questo percorso, la startup deve provare che c’è un potenziale mercato, verificare che qualcuno è disposto a pagare per la soluzione che sta immaginando e, infine, creare effettivamente il mercato per il suo prodotto. Queste attività di scoperta, apprendimento e test sono ciò che rende una startup unica.
Il modello ideato da Steve Blank è diviso in quattro step: customer discovery, customer validation, customer creation e company building.
Customer discovery
L’obiettivo della customer discovery è individuare i clienti e capire se il problema che la startup vuole risolvere è effettivamente importante per loro. Per farlo, è necessario confrontarsi con la realtà “uscendo fuori dall’ufficio†per apprendere direttamente dai potenziali clienti; quello che si scoprirà permetterà non solo di capire quali sono le funzionalità veramente importanti per loro, ma anche di mettere a fuoco il modo con cui presentare il prodotto.
L’obiettivo di questa fase non è organizzare una serie di focus group e raccogliere indicazioni per elaborare una lista di funzionalità desiderabili. In una startup, le caratteristiche del prodotto sono definite dai fondatori: quello che dobbiamo capire è se esistono i clienti e un mercato.
Customer validation
L’obiettivo della customer validation è mettere a punto un processo di vendita ripetibile e testato sul campo, dimostrando quindi che la startup ha effettivamente trovato dei clienti e un mercato.
Se questo accade, possiamo dire che la startup ha costruito un modello di business ed è stata in grado di testare una serie di ipotesi, individuando un prezzo di vendita, i canali di distribuzione e via di seguito. Se, e solo se, questo processo è ripetibile, allora possiamo passare alla fase successiva, scalando e quindi costruendo l’azienda vera e propria.
Customer creation
La fase di customer creation prende le mosse dai primi successi di vendita e il suo obiettivo è sostenere la domanda del prodotto. Il processo varia molto in funzione delle caratteristiche del mercato: alcune startup entrano in mercati esistenti, altre creano dei mercati ex novo, altre ancora cercano di risegmentare mercati esistenti puntando sul prezzo oppure su una nicchia.
Ognuno di questi mercati richiede delle strategie diverse. Per esempio, investire molti soldi in advertising ha senso se si entra in un mercato esistente perché i clienti sanno già qual è prodotto che si sta vendendo. Viceversa, potrebbero essere soldi completamente sprecati entrando in un nuovo mercato, perché i potenziali clienti non sanno neanche di cosa state parlando, visto che non hanno termini di paragone.
Company building
La fase di company building rappresenta il passaggio da un’organizzazione informale, basata sull’apprendimento e la scoperta, a una struttura formale con dipartimenti e vicepresidenti delle vendite, del marketing e via dicendo.
E’ una fase molto delicata perché si rischia di anticipare i tempi, mettendo in piedi un’azienda che non è ancora in grado di sostenersi sulle proprie gambe e in cui i volumi di vendita non riescono a coprire i costi dell’organizzazione.
iDog
Sintetizzato in quattro punti, il modello del customer development sembra quasi banale. Ovviamente non è così e come tutti i metodi nasconde un tranello: sapere come si fa non basta, occorre fare per imparare davvero. Provare, sbagliare, fallire e riprovare sono ingredienti che fanno parte del processo di apprendimento. Probabilmente ne sono la parte più importante.
Nei prossimi post, quindi, non mi limiterò a illustrare il percorso, ma lo applicherò alla startup che ho in mente. Si tratta di un’app per iPhone destinata ai proprietari di cani, che chiamerò iDog (anche se non sarà sicuramente questo il nome finale).
Questo post fa parte di una serie: indice.
12 Responses
Interessante post sugli step da seguire e da tenere sempre come riferimento. Troppo spesso si legge di start up o simili fallire o non centrare gli obiettivi prefissati, a patto che li abbiano definiti, per aver affrettato i tempi senza un business model o un’attenta analisi di mercato in cui ci si va ad inserire (o a creare).
Il costumer development rappresenta in questo senso uno dei processi necessari per intraprendere qualsiasi tipo di progetto, a mio avviso. Complimenti per la chiarezza delle descrizione deli vari step, condivido il post!
P.S. Sono proprietario di un cane da 10 mesi e cercando per curiosità varie app o siti che mi dessero info e indirizzi su aree cani piuttosto che servizi vari ho trovato solo game app o simili (tra l’altro create da marche di almenti per cani), oppure social network di “animals addicted” che però non offrono poco o nulla di interessante (condividere le proprie esperienze con il tuo cucciolo è una cosa che puoi fare benissimo anche su facebok, no?)… quindi ben venga “iDog”, se queste sono le premesse… 😉 Seguirò tutto gli sviluppi con interese!
Mi scuso per la lungaggine del commento, ma il post mi ha preso in pieno!
Grazie 🙂
Solo un chiarimento, per focalizzare la tua idea e capire meglio il tuo interessante progetto:
l’app la fai sviluppare all’esterno? cioè si parte proprio dall’idea e basta o si presuppone una base in qualche modo già “assimilata”?
Più leggo questa sfilata di post che stai mettendo in questi giorni più mi dispiaccio della non partenza della Startup School .. Vabbè in mancanza d’altro ci si accontenterà di questa forma di e-Learning! 😉
Puoi sempre decidere di far parte del team di human microseeder iDog che si formerà a breve, così invece posso imparare io qualcosa da te 🙂
Uhh!! Con tutto quello che ho da insegnare! ;P
Però una chiacchiera per parlarne un attimino meglio io me la faccio molto volentieri!
Nicola leggo sempre con attenzione i tuoi post e me li sto studiando molto bene visto che con un team (eh si questa volta c’è il team) sto per partire con un bel progetto, ma mi viene un dubbio: è lecito poter accomunare il concetto di startup a quello di applicazione? Voglio dire, una startup dovrebbe avere tutta una serie di estensioni quali una struttura societaria, un business plan, una scalabilità , in che modo una singola applicazione, per quanto disruptive, può essere considerata una startup? Nella mia esperienza come pm in H-art ed anche ora in Ideolo, ho conosciuto un sacco di gente (programmatori, lontani dalla “scena” web 2.0) che hanno creato applicazioni anche molto interessanti, ma che non le definiscono startup.
Magari sono io che sono ancorato ad una visione differente, ma, dando per scontato che il futuro del web è il mobile, una singola app fa startup? 🙂
(non sono polemico eh, ho proprio voglia di saperne di più, in concomitanza con i 5 minuti pignoli della giornata! 🙂 )
Giorgio,
ha perfettamente ragione. Una singola applicazione non è necessariamente una startup, nel senso che non è detto che attorno ad essa si possa costruire un’azienda.
Tuttavia, all’inizio, il processo per mettere in piedi un singolo prodotto oppure un’azienda è il medesimo: si tratta delle prime due fasi del customer development. Una volta superati con successo questi due step si può passare alle fasi successive e verificare se ci sono le condizioni per scalare con le vendite e mettere in piedi un’organizzazione vera e propria.
Tienimi aggiornato su quello che fai 🙂
Oh perfetto! Allora mi tocca seguirti ancora più assiduamente, guarda, nel team abbiamo il mastino che ti sta già aggiornando, a quanto ne so. E’ il vero collante dell’iniziativa, che riesce ad aggregare tutti nonostante impegni mastodontici. 🙂
Ti terrò aggiornato si, lo sai che sei il primo a cui non esito a rompere le scatole!
Thanks!
questo post cade a pennello nella mia vita 🙂
sto avviando un’attività da freelance nel campo dello sviluppo software e leggere queste tematiche riveste un ruolo fondamentale per me
grazie mille.
Articolo interessante, è poi piacevole leggere in alcuni tratti parte della mia giornata tipo di oggi ed in altri quella che sarà domani. “Provare, sbagliare, fallire e riprovare sono ingredienti che fanno parte del processo di apprendimento. Probabilmente ne sono la parte più importante” è senza dubbio ciò che fa la differenza rispetto ad una teoria ormai scritta ovunque. Complimenti, attendo i prossimi articoli su iDog.
Grazie.