Durante Codemotion, ho scambiato quattro chiacchiere con Next Innovation, il sito di Telecom Italia che parla di innovazione.
Di cosa ti occupi, cosa fai a Codemotion e qual è il bilancio dell’evento
Negli ultimi tre anni mi sono occupato di gestire operativamente il progetto Working Capital per Telecom Italia, progetto che sta andando avanti trasformandosi in un acceleratore, diventando quindi molto più ampio e ricco. Io sto avviando un’attività di formazione su alcuni degli strumenti che sono alla base della creazione di una startup di successo e che servono per governare il processo di startup, come il customer development, il business model canvas e la lean startup. Stiamo facendo la nostra prima esperienza didattica in collaborazione con Enlabs, il Sole 24 Ore e Bizspark di Microsoft. Contemporaneamente a questa attività sto avviando una mia startup che si chiama Stamplay, una piattaforma per fare gamification dei programmi di loyalty: introduciamo cioè meccaniche di gioco all’interno dei programmi di fidelizzazione per aumentare il coinvolgimento del consumatore con la marca e fargli compiere della azioni che permettono al brand di conoscerlo meglio e acquisire più dati su di lui, per servirlo in modo più efficace.
Codemotion è il più grande evento in Italia dedicato al mondo dello sviluppo software. Ci siamo occupati di organizzare il Media Corner utilizzato per le interviste. Il settore della programmazione è in grande fermento perché questi professionisti sono molto richiesti, e sono tra i pochi che non hanno difficoltà a trovare lavoro. Oggi hanno una possibilità in più: invece di cercare lavoro possono crearselo, dando vita ad una startup. Questo sarà uno dei trend fondamentali nei prossimi anni, anche in Italia.
La formazione
In Italia, sulla parte di formazione imprenditoriale, c’è un gap molto importante perché anche le scuole di formazione di questo tipo, penso alle iniziative della Luiss e della Bocconi, in realtà sono programmi di formazione per imprenditori di seconda generazione, cioè per i figli degli imprenditori, per chi un’impresa già ce l’ha. Fare una startup è una cosa completamente diversa, perché un’azienda già avviata ha trovato il suo business model replicabile con cui fare soldi, la startup invece lo deve trovare, imparando come funziona il mercato, che forma prende l’idea progettuale e come diventa un’azienda. Il tipo di formazione alla base di queste due esperienze, quindi, è completamente diverso.
Oggi c’è il filone della cosidetta “scientific entrepreneurship”, nata tra Berkley e Stanford, che vede tra i suoi campioni Steve Blank, Alexander Osterwalder ed Eric Ries. Si tratta di una serie di metodi e di strumenti che aiutano le startup a fare questo il processo di scoperta e di test del mercato e del modello di business.
I settori più battuti dalle startup nei prossimi due anni
Sicuramente il settore del social networking e delle applicazioni geolocalizzate. Considerando il mercato italiano e il tipo di capitali che ci sono qui, io consiglierei di focalizzarsi sullo smart B2B, cioè l’innovazione dei servizi per le imprese in modalità Platform as a service e Software as a service. Nel mercato italiano questo tipo di servizi possono avere una chance in più rispetto a servizi consumer che hanno bisogno di grandi numeri e di rivolgersi a un mercato internazionale per avere successo.