Negli ultimi anni, ho progettato e realizzato diversi corsi di formazione sia per l’università che per clienti privati, utilizzando molte tecniche di insegnamento, dalle semplici lezioni frontali (rimangono un male necessario in molti contesti) ai laboratori. Come molte altre persone che si dedicano all’insegnamento come corollario all’attività professionale, non ho una formazione specifica in didattica, anche se ho diligentemente letto diversi libri sull’argomento.
Progettare una buona esperienza di apprendimento (sia che si tratti di una lezione di poche ore o di un intero corso universitario) è molto difficile. Lo è ancora di più se non si segue un processo disciplinato. Ecco perché ho cercato di creare uno schema che mi aiutasse in questa attività : gli ho dato la forma di un canvas ispirandomi al Business Model Canvas di Alexander Osterwalder.
Il Learning Design Canvas è uno strumento strategico pensato per aiutare gli educatori a compiere il primo passo nella progettazione di un’esperienza di apprendimento. È composto da 7 elementi fondamentali (building block) da cui occorre partire quando si inizia a pensare a come struttura una lezione, un workshop o un intero corso.
1. Studenti
Chi sono le persone per cui stiamo progettando l’esperienza didattica? Come è composta la classe? A volte chi organizza un corso riesce a selezionare i partecipanti e a costruire una platea omogenea, ma, nella maggior parte dei casi, ci si trova di fronte un gruppo di persone con background, aspettative e motivazioni molto diverse. In entrambi i casi, quando si progetta un’esperienza formativa, occorre decidere chi è lo studente tipo ed a questo scopo è sicuramente molto utile utilizzare un strumento tipico dello human-centered design: le user persona.
Una user persona è un personaggio fittizio creato per rappresentare un tipo di utente che potrebbe utilizzare un prodotto. Si tratta di uno strumento molto utile per considerare obiettivi, desideri o limitazioni e guidare di conseguenza le decisioni sulla progettazione.
Nel caso di un’esperienza di apprendimento, inoltre, non bisogna sottovalutare l’importanza della motivazione dei partecipanti: è intrinseca, ossia gli studenti hanno deciso volontariamente di iscriversi e, magari, hanno pagato di tasca loro? oppure è estrinseca, ossia sono stati mandati dal loro datore di lavoro o si tratta un corso obbligatorio in un percorso universitario?
2. Job to be Done
Qual è l’obiettivo dei partecipanti? Quale super potere si aspettano di acquisire dopo aver completato il corso? Normalmente si parla di obiettivo didattico, ma io preferisco fare riferimento al concetto di Job to be Done, nella formulazione di Clayton Christensen, che lo definisce come «il progresso che una persona sta cercando di fare in una determinata circostanza». Secondo la teoria formulata in Competing Against Luck, ognuno di noi si pone degli obiettivi e si muove nella direzione che gli permette di raggiungerli. In questo percorso, ingaggia (hire) dei prodotti e dei servizi che gli consentono di fare dei progressi nella direzione auspicata.
Nel nostro caso, il prodotto ingaggiato è il corso che stiamo progettando: gli studenti (o i loro datori di lavoro, se si tratta di impiegati) ci hanno “assunto†perché devono raggiungere un obiettivo, che comporta l’acquisizione di conoscenze e lo sviluppo di abilità .
3. Motivazioni e abitudini
La capacità di una persona di raggiungere un obiettivo dipende da molti fattori, non solo dalla conoscenza o dalle abilità che acquisirà durante un’attività formativa. Per esempio, spesso accade che uno studente debba disimparare a fare qualcosa di familiare e consolidato. Informazioni e procedure vecchie ostacolano quelle nuove, quindi se, quando insegnate qualcosa, chiedere ai vostri allievi di cambiare una pratica esistente, probabilmente vi scontrerete con questioni che riguardano la motivazione e le abitudini.
In generale, la maggior parte delle persone non ama cambiare e, soprattutto quando va avanti con gli anni, predilige la stabilità e la sensazione di sicurezza che dà la routine. Sono fattori da tenere in considerazione, perché determinano in modo significativo il risultato dell’esperienza di apprendimento.
4. Ostacoli ambientali
Mi capita sempre più di frequente di dover coinvolgere impiegati di grandi aziende in workshop di ideazione e prototipazione. In generale, le persone più giovani e con minore anzianità lavorativa partecipano con entusiasmo e curiosità , mentre chi ha più esperienza con l’organizzazione tende ad avere un approccio più cauto e disincantato. Più di una volta, mi è capito che uno studente – a margine dell’esperienza – mi dicesse a mezza bocca: «tutto molto bello, ma tanto in azienda da noi queste cose non si possono fare».
Nessuna esperienza formativa può sopravvivere se il contesto lavorativo impedisce di applicare le conoscenze e le abilità apprese. Dobbiamo quindi tenere sempre conto dell’ambiente in cui verranno applicate e tarare i contenuti di conseguenza.
5. Punto di partenza
Che cosa sanno i partecipanti dell’argomento che verrà insegnato? A volte è possibile somministrare loro un questionario di ingresso che aiuta a fare una valutazione delle conoscenze da cui partono gli studenti, adattare i contenuti in modo da non risultare ripetitivi e poter dedicare più tempo alle cose completamente nuove.
6 e 7. Conoscenze, Abilità (e Competenze)
Quali sono i gap che occorre colmare in termini di conoscenze e abilità per permettere agli studenti, dato il loro punto di partenza, gli ostacoli ambientali, nonché le loro motivazioni e abitudini, di completare con successo il Job to be Done? E, soprattutto, quanto sofisticata e complessa deve essere la comprensione da parte dell’allievo? È utile distinguere tra:
- conoscenza, che indica il risultato dell’assimilazione di informazioni (fatti, principi, teorie e pratiche, relative ad un ambito disciplinare) attraverso l’apprendimento;
- abilità , che indica le capacità di applicare le conoscenze per portare a termine compiti e risolvere problemi. Le abilità sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (che implicano l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti);
- competenza, che indica la capacità di usare le conoscenze e le abilità acquisite insieme con le capacità personali e sociali, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale.
Dal mio punto di vista, la competenza è un risultato di lungo periodo perché richiede esperienza (avete mai sentito parlare della regola delle 10.000 ore?) e quindi è generalmente fuori dall’ambito di un intervento formativo puntuale come un seminario o un corso. Deve, invece, essere considerata in percorsi formativi complessi e pluriennali, perché più si è competenti in un’attività più si diventa autonomi e ci si può assumere delle responsabilità .
Credo che il mio canvas fornisca una guida agile e un linguaggio visuale per progettare e condividere gli obiettivi didattici di un’esperienza di apprendimento. In particolare, aiuta a identificare conoscenze e abilità da trasferire tenendo conto delle caratteristiche degli studenti da formare, delle loro conoscenza pregresse, nonché delle variabili ambientali e motivazionali che influenzano la loro attività .
Una volta completata questa fase, parte il lavoro di progettazione dei contenuti. Ma questa è un’altra storia…
2 Responses
Trovo intrigante l’idea di utilizzare il canvas quale canovaccio per la profettazione di un’esperienza di apprendimento, come pure l’idea di ricorrere al JTBD nella versione di Jobs-As-Progress anche se preferisco la formulazione proposta e promossa da Alan Klement nel suo blog e nel suo free book “When Coffee and Kale Compete”.
Mi convincono meno i blocchi costituenti di questo Canvas (ma evidentemente nemmeno a te visto che li hai poi riformulati, scusami ma la v.2 mi convince meno).
Comunque grazie perché trovo possa essere uno strumento interessante ed utile.